Pigmenti organici o inorganici? Guida alla scelta

Quando vogliamo preparare una torta, dobbiamo innanzitutto stilare la lista degli ingredienti. Sarebbe un guaio iniziare subito ad impastare la miscela e accorgersi solo durante il procedimento di avere scordato un elemento essenziale per la ricetta. Ancora peggio, se scoprissimo addirittura che in casa manca quello che ci serve. Potremmo allora tentare di sostituirlo con un altro ingrediente, ma il risultato sarebbe comunque incerto, col rischio di perdere tempo prezioso e fare un pasticcio. Ecco, il mondo della colorazione delle materie plastiche funziona proprio come la pasticceria: prima di mettersi al lavoro per realizzare un progetto bisogna verificare di avere tutti gli ingredienti e che questi siano adatti a combinarsi tra di loro. Infatti, non tutti i pigmenti sono uguali. L’uso di pigmenti organici o pigmenti inorganici può dare un risultato molto diverso a seconda del polimero con cui si amalgamano e del prodotto finale che si vuole realizzare.

I pigmenti organici sono naturali?

Prima di cominciare bisogna fare una distinzione su un tema che spesso causa confusione. Definire un pigmento organico o inorganico, non ha nulla a che vedere con la distinzione tra pigmenti naturali e pigmenti sintetici. Il dubbio si genera dal fatto che il termine “organico” spesso viene erroneamente utilizzato come sinonimo di “naturale”, ma le cose non stanno proprio così. Infatti, tanto i pigmenti organici quanto gli inorganici, sia si estraggono da prodotti presenti in natura, sia si sintetizzano artificialmente in laboratorio. Anzi, proprio per una questione economica, sono spesso proprio i pigmenti organici quelli realizzati in provetta, in quanto i materiali di provenienza naturale hanno origine da fonti limitate e spesso al centro di dibattiti etici.

Differenza tra pigmenti organici e pigmenti inorganici

La principale differenza tra i pigmenti organici e i pigmenti inorganici sta nella presenza di atomi di carbonio all’interno delle molecole che li compongono. I pigmenti organici anticamente erano estratti dalla materia vivente che è, appunto, composta di carbonio (sì, esatto, anche le persone ne contengono). Radici di piante e cortecce di alberi, fiori, conchiglie, derivati animali come il nero di seppia e il porpora del murice, contengono preziosi elementi coloranti. Diversamente, i pigmenti inorganici ponevano la propria origine nei minerali, come rocce, calcare, terriccio, metalli. Basti pensare al rosso dell’ossido di ferro o al blu del lapislazzuli. Nell’economia moderna, però, le cose sono un po’ cambiate. Come accennato, principalmente per una questione economica ed etica, e si tende a sintetizzare tutti questi pigmenti direttamente in laboratorio, soprattutto per quanto riguarda i pigmenti organici.

Pigmenti organici o inorganici? Quali scegliere per la tua plastica

Naturalmente, la diversa composizione delle molecole di un elemento organico rispetto ad uno inorganico comporta anche proprietà differenti. Da un lato i pigmenti organici sono più brillanti e possono essere dosati in quantità inferiore, ma sono anche più suscettibili all’esposizione a intemperie e alla luce. Al contrario, i pigmenti inorganici sono meno appariscenti, ma hanno una migliore resistenza alla luce, all’acqua e al calore. Anche le resistenze ad alte temperature sono diverse, con i pigmenti organici che corrono maggiormente il rischio di “bruciare”. Oltre a questo, il fenomeno di migrazione del colore è nettamente inferiore nei pigmenti inorganici, a differenza di quelli organici che hanno la tendenza a migrare. Per questi motivi è molto importante conoscere le proprietà dei pigmenti che si desidera utilizzare all’interno del proprio prodotto, al fine di rispondere correttamente alle esigenze del mercato di applicazione.

Incompatibilità: il caso del warpage

La compatibilità tra la chimica di un pigmento e la chimica di uno specifico polimero non è mai scontata e può variare persino con la percentuale di dosaggio. Lavorare con la scienza dei materiali significa prendere in considerazione tutte le varianti sin dall’inizio della progettazione di un articolo, perché anche una variazione minima potrebbe comportare reazioni impreviste. Ad esempio, pigmenti organici come le ftalocianine blu, possono alterare il grado di cristallizzazione della plastica causando un fenomeno noto come warpage, ossia distorsioni e formazione di crepe in fase di raffreddamento del prodotto stampato. Così, può capitare che si stampi un pezzo di diversi colori e sembra andare tutto bene. Poi, quando tocca al colore blu, la plastica è deformata e bisogna scervellarsi per risolvere il problema, perdendo moltissimo tempo in produzione.

Pigment leveling e altre soluzioni

In realtà, una soluzione esiste a (quasi) tutto. Sebbene i pigmenti organici esercitino un notevole impatto sul comportamento di cristallizzazione dei polimeri, generando problematiche come il warpage, gli effetti positivi di un agente nucleante possono compensare la distorsione, uniformando il comportamento delle plastiche colorate. Questo fenomeno, noto come "pigment leveling", è una soluzione alleata contro le deformazioni e le crepe da stress. Ciò può velocizzare il processo industriale, riducendo la necessità di regolazioni continue dei macchinari e la produzione di scarti. Per quanto riguarda, invece, la formulazione di un colore stabile, magari sia brillante che resistente ai luminosi raggi UV, non è affare del tutto impossibile. Un masterbatch adatto alla richiesta può essere realizzato in laboratorio creando un giusto mix di pigmenti organici e inorganici, magari con l’aggiunta di qualche additivo apposito. Alla fine, con i colori, vince chi sa essere più creativo, anche nel trovare soluzioni.

Pigmenti organici o pigmenti inorganici? Questo è il dilemma!

Hai in mente un progetto di product design o vuoi realizzare un articolo in plastica, ma ti resta ancora qualche dubbio sui pigmenti migliori da utilizzare? Tranquillo, ti aiutiamo noi! I nostri tecnici coloristi ti aiuteranno a studiare una formula adatta al tuo processo.